sabato 4 luglio 2009

DOPO FRANCESCHINI E BERSANI UNA TERZA CANDIDATURA PER LA GUIDA DEL PD


Dunque Ignazio Marino è sceso in campo. Un «terzo uomo» corre alla segreteria del Partito democratico accanto a Franceschini e a Bersani. È un outsider, non solo perché la sua storia professionale - è un chirurgo di fama internazionale - è ben più lunga e più ricca di quella politica. Lo è, soprattutto, perché la sua breve storia politica non affonda le radici nelle organizzazioni fondatrici.
È ancora presto per un bilancio, ma dai primi segnali non si può dire che la sua discesa in campo sia stata accolta con una standing ovation. Franco Marini, uno dei padri nobili del partito, ha manifestato con franchezza il timore che questo «terzo uomo» determini una radicalizzazione dello scontro interno. In generale tra gli ex popolari si è diffusa la preoccupazione che lo scienziato Ignazio Marino sposti l'asse culturale del Partito democratico sul tema della laicità facendone non una «condizione» ma un «contenuto» dell'agire politico (così Pier Luigi Castagnetti). Di certo la candidatura di Marino non avrebbe suscitato queste preoccupazioni (e forse non ci sarebbe nemmeno stata) se, per esempio, il Pd fosse stato in grado di assumere una posizione chiara sul tema del testamento biologico. Né se lo stesso Marino - nel pieno del caso di Eluana Englaro - non fosse stato sostituito come relatore di minoranza nella discussione della legge.Dunque non c'è alcun dubbio che lo scontro interno possa radicalizzarsi. D'altra parte, in questi ultimi giorni - e Marino ancora non era candidato - abbiamo assistito ad asprezze dialettiche e anche a colpi bassi che già sono stati abbondantemente utilizzati ed enfatizzati dai telegiornali e dalla stampa di destra. La prospettiva di trascorrere così i quattro mesi che ci separano dal congresso fa rabbrividire. E, prima di ogni altra cosa, c'è da augurarsi che tutti - «giovan»i e «vecchi» - dedichino le loro energie al dibattito sui contenuti e sulle regole, anziché sulle persone. L'alternativa è, chiunque vinca, una vittoria amara e, in definitiva, il fallimento o la mutilazione del progetto.
Un primo passo in questa direzione costruttiva sarebbe leggere per intero il «manifesto» di Ignazio Marino. In particolare la parte finale: «Il fiume deve scorrere dentro gli argini e ogni persona per contare si deve iscrivere al Partito democratico e partecipare con il proprio voto alla fase congressuale, e scegliere il candidato». In altre condizioni sarebbe un'assoluta ovvietà. Un tale si candida alla segreteria di un partito e lancia un appello affinché la gente si iscriva. Ci mancherebbe altro. Se non fosse che, nello specifico del Partito democratico, quell'appello dice una banale verità. Dice che c'è una parte del Pd (dei suoi potenziali elettori, dei suoi potenziali futuri dirigenti) che ancora non ha trovato la porta d'ingresso. Ha un forte potenziale non simbolico a questo proposito il sostegno a Marino che viene da Pippo Civati e dei giovani del Lingotto.E dunque apriamo, spalanchiamo, quella porta. E litighiamo, anche ferocemente, ma come si litiga tra fratelli. I nemici sono altrove. Non possiamo permetterci di essere nemici di noi stessi.

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