giovedì 27 agosto 2009

COMMISSIONI,GRUPPI DI LAVORO E..ALTRO


Lentamente riprende la vita politico amministrativa in Comune. Oggi,come accennato nell'ultimo post, parleremo della posizione del partito Democratico sulle Commissioni.Alcune riflessioni che speriamo di condividere con chi avrà tempo e voglia di farlo.


Non si è mai fermata la politica nazionale con i suoi piccoli e grossi temi. Uno di questi ,ma non è una novità, riguarda l'immigrazione,il nostro rapporto con la gente che viene in Italia in cerca di speranza. La stampa da non perdere oggi affronta questo "problema" evidenziando come sia piu produttivo gestire la risorsa immigrazione piuttosto che tentare di chiudersi in un mondo che non esiste dove tenere fuori chi invece dovrebbe essere accolto ,non perchè siamo buoni ( e già sarebbe una discreta ragione) ma perchè ci conviene ,come sottolinea il Governatore della Banca d'Italia nel suo intervento ieri a Rimini con una relazione zeppa di dati sorprendenti. Dati reali, condizioni oggettive, valutazioni concrete: qualcosa che manca in una società che vive di slogan, pregiudizi, posizioni precostituite "a prescindere", spesso basate sul vuoto del pensiero.



LE COMMISSIONI COMUNALI


Le commissioni comunali sono un pò la copia delle più blasonate Commissioni parlamentari. Quante volte abbiamo sentito parlare di Commissione Ambiente, Commissione Giustizia, Commissione Affari Costituzionali.

Sono uno degli strumenti della democrazia. Il funzionamento è semplice nella sua meccanica. Si stabilisce il numero dei componenti ripartendo in proporzione a maggioranza e opposizione. All'interno delle Commissioni si nomina un Presidente (quando la politica era meno selvaggia i componenti delle commissioni di garanzia erano dati all'opposizione perchè vi fosse appunto...garanzia). Nelle commissioni si sgrossava il lavoro di produzione di norme che poi sarebbero state presentate in Parlamento per l'approvazione. La presentazione del lavoro elaborato veniva attribuita ad un componente della commissione.


Le commissioni comunali dovrebbero svolgere la stessa funzione. In ogni settore si scelgono persone che abbiano una competenza maturata nel settore politico amministrativo o professionale e in ambito di elaborazione si producono proposte che coadiuveranno l'operato dell'assessore o della giunta. In certi casi alla funzione di proposta (Biblioteca,Urbanistica, Ambiente,Lavori pubblici, Servizi Sociali) si affianca quella di controllo (Commissione edilizia).


Presupposto fondamentale delle Commissioni ,oltre alla competenza dei componenti , è l'indipendenza di proposta.

La commissione è un organo tecnico che deve produrre un lavoro di supporto agli organismi comunali ,mediando gli attriti fra maggioranza e opposizione e contribuendo operativamente al funzionamento della macchina politico-amministrativa.


Se manca il requisito della competenza e dell'indipendenza di proposta (su cui l'organo esecutivo si riserva comunque di decidere liberamente) decade il significato stesso di Commissione.


Parimenti inutile è questo organismo se lo si relegasse a ruolo di supporto tecnico dovuto.

Invocando la sintonia fra organismi di amministrazione si potrebbe pretendere che una commissione esprimesse unicamente pareri di convalida della volontà della maggioranza che la esprime. Si andrebbe cosi a creare un cortocircuito per cui invece di avere una Commissione che con il suo lavoro aiuta la scelta della maggioranza sarebbe la maggioranza a precostituire una decisione supportandola poi con un parere positivo (obbligato) della commissione.


Un siffatta situazione vanificherebbe il ruolo positivo del lavoro di Commissione.


A Paratico attualmente sono in essere :


Commissione Urbanistica

Commissione Edilizia

Commissione Biblioteca

Commissione Servizi Sociali


a cui si aggiungono dei gruppi di sostegno al settore sociale (Oltre e insieme) e piccole commissioni di settore (mensa scolastica)

Esiste poi la Commissione Paesaggistica composta da esperti nominati dalla Giunta.


Le prime indicazioni che emergono sembrano indicare un accorpamento della Commissione Urbanistica ed Edilizia e la creazione di gruppi di lavoro a sostegno del lavoro degli Assessori.


La nostra opinione va decisamente a favore del consolidamento del ruolo delle Commissioni e del loro mantenimento nel tempo.

E' importante che vengano composte con i criteri ed i presupposti sopraccennati cosi come è importante che per il loro funzionamento vengano predisposte poche ma precise regole scritte di funzionamento che ne disciplinino l'operatività ed il legame con gli altri organi dell'Amministrazione.

Esistono già elaborazioni in tal senso e l Partito Democratico non farà mancare le su proposte.


Discutere serenamente, in forma costruttiva e senza timori, nelle commissioni è uno di quei passaggi che danno sostanza alla parola Democrazia. Certo il percorso è articolato, magari meno snello, forzatamente piu lungo. Ma la qualità dei risultati sotto il profilo dell'efficacia e della "risposta democratica" è importante.

Non dimentichiamo inoltre che le Commissioni sono sempre state la palestra dove formare la futura platea degli Amminsitratori comunali.


Un pò diverso è il ruolo dei gruppi di lavoro.

Se sono legati al ruolo dell'Assessore ed ai suoi compiti non possono avere una componente di minoranza.

A nostro parere dovrebbero essere legati a situazioni particolari e ad esigenze specifiche. I componenti debbono per forza di cose avere competenze professionali che sconfinano nel campo della consulenza.


Come già detto, in questo campo cè ,ci sarebbe, ci sarà tanto da dire. E nell'interesse dell'Amministrazione che sosteniamo cercheremo di farlo nel migliore dei modi.






Il nuovo
discrimine


La morte dei 73 eritrei ha evidenziato crudelmente
una questione non nuova, ma
che faticava a manifestarsi. Il tema dell’immigrazione
costituisce una frattura profonda
per le società contemporanee. Dunque,
questa vicenda sembra poter rappresentare
un punto di svolta. Sia chiaro: contrariamente
a quanto si sente ripetere, l’immigrazione
non è questione di solidarietà- i buoni
sentimenti contrapposti al truce cattivismo
della Lega -, bensì di economia e demografia,
diritti e doveri, politiche pubbliche e
strategie di inclusione, welfare universalistico
e integrazione. Insomma, non è un problema
di «generosità verso gli ultimi», bensì
un fattore essenziale dei moderni sistemi di
cittadinanza e un test cruciale per la qualità
delle democrazie contemporanee.
Certo, è buona cosa che la Chiesa cattolica
si sia mossa, e con tanta forza, in questa
circostanza, ma è un errore pensare che la
tutela dei diritti irrinunciabili della persona
debba avere, di necessità, un’ispirazione
religiosa. Quella tutela è, deve essere, fondamento
di ogni politica democratica degna
di questo nome. Dall’intransigente difesa di
quei diritti discende la natura stessa dei
regimi democratici: essa non può affidarsi
alle virtù individuali e collettive (pure preziose),
ma all’elaborazione di un sistema di
garanzie che, quei diritti, renda esigibili ed
effettivi. Per questo, la questione dell’immigrazione
rappresenta davvero un discrimine
che attraversa la società e il sistema
politico.
Con l’introduzione del reato di clandestinità,
il nostro ordinamento ha subito una
lesione profonda come mai in passato:
viene sanzionato non un comportamento
criminale, bensì una condizione esistenziale.
Si viene penalizzati per ciò che si è, non per
ciò che si fa. Ma battersi contro questa
mostruosità non è sufficiente, se non si
hanno ben chiare le conseguenze di quella
norma, nella vita sociale e nei livelli di tutela
giuridica dei singoli e delle minoranze: ovvero
il fatto che la società si organizza, di conseguenza,
per selezionare, discriminare,
sperequare tra chi è parte del sistema di
cittadinanza, chi ne è fuori e chi (tantissimi)
vive precariamente ai suoi margini, tra
inclusione ed esclusione. Dunque, è tutta
l’organizzazione sociale - l’idea e la struttura
di comunità - che ne viene informata, intervenendo
nei rapporti tra gruppi e classi, tra
privilegiati e deprivati. L’atteggiamento
verso gli immigrati e i profughi, cioè, condiziona
profondamente la concezione dei
diritti di cittadinanza per tutti e gli stessi
connotati essenziali della vita democratica.
È probabile che oggi la maggior parte
della società italiana esprima diffidenza, se
non ostilità, verso le politiche di accoglienza-
integrazione: non è una buona ragione
per arrendersi. È fondamentale, certo, saper
scegliere le parole e le politiche: ben venga
il discorso profetico della Chiesa, ma a noi
serve un altro linguaggio. Quello, appunto,
dell’economia e della demografia, dei diritti
e delle garanzie. E la capacità di far intendere
che chiudere le frontiere, prima ancora
che una manifestazione di egoismo, è segnale indubbio di autolesionismo

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